Il canto della sirena
Talora, mentre fa i mestieri,
presta un filo di voce canora
a fantasmi che ignora,
a riposti pensieri.
Quel canto sommesso incatena:
vi urge una pena soave
d’inviti delusi;
desideri racchiusi
in un velo di note.
Così mi chiama,
senza volere,
così mi attende
la mia sirena
persa in faccende.
E se in punta di piedi
la prendo di schiena
e le stringo la vita,
tace addolcita,
mi porge le gote
e tutta si accende.
(2003)
Il sogno del vecchio lupo di mare
Il pugno a puntello della guancia,
rideva beato ai suoi fantasmi,
sul filo di una piccola lancia.
L’occhio stregato, correva, in preda
agli entusiasmi, mano alla barra,
sulla cresta dell’onda, la vela
rotonda nei giorni di tempesta.
Ciondolava ormai la testa, vinta
dal sonno. Fiutava brezze, il nonno,
per caparra: soavi carezze
agli scavi della fronte. Il mento
sul petto, calava in acqua lento
la rete sotto un cielo di rame.
Nuotavano a banchi le sardine
ignare, già ribolliva il mare
di lame argentine, di barbagli
di ghiaccio…
Lo scuoto per un braccio
(schiumava ai fianchi, allegra, la chiglia):
inarca le ciglia, guarda perso
nel vuoto, l’aria interrogativa...
Poi la barca lo riprende al largo:
non c’era verso di trarlo a riva.
(2005-2007)
Rimorso
Cos’avete mai fatto, mie mani,
da tremarne ancora di spavento?
Contro Abele non io violento
vi armai. Ahi che già le querele
sento di Dio e il passo che agghiaccia.
Offesa senza rimedio: pesa
come un sasso, qua dentro, e non tace.
Mi stringerà d’assedio la taccia
d’assassino, in tutto il mondo sempre
mi si darà la caccia, né pace
più avrà Caino.
(1992-2005)
Stazioni
(Dialogo tra un Ferroviere e un Viaggiatore)
«La seconda… è Caravaggio».
«Ferma pure a Casaletto?»
«Si capisce, naturale!»
«Ma Olmeneta non la salta?»
«No di certo, gliel’ho detto:
le fa tutte, è un regionale!»
«Dura troppo, questo viaggio».
«Non s’inganni, appena un’ora!
Potrà leggere, se crede,
le notizie del giornale».
«Per che cosa? Dio ne scampi!
Vanità, mercati, danni,
elezioni, guerre, abusi…
Quante sono le stazioni?»
«Solo dieci».
«In questo caso
meglio spingere lo sguardo
oltre il vetro, alla ventura».
«In effetti, qua il paesaggio
non è male: campi, fossi,
cascinali in lontananza,
serre, pioppi… Ma mi scusi,
a Cremona che va a fare?»
«Eh, sapesse, per acquisti.
Mi hanno offerto un bilocale,
tanto al metro, per cent’anni».
«In che zona, se permette?»
«Fuori mano, assai tranquilla».
«Buona idea… e quanto grande?»
«Di misura è un poco angusto,
ma per me e la mia consorte
(siamo vecchi) basta e avanza.
Poi, del resto, in molto meno
ci diraderà la morte».
«Non c’è fretta, per quel giorno».
«Son d’accordo; ad ogni modo
meglio andarci preparati.
Della vita, Le confesso,
non conosco arte più saggia».
«In vettura, il treno parte».
(2001)
Valmalenco, dopo un giorno di pioggia
Fu questione
di pochissimi istanti:
una nube vanesia, salendo dal fondo,
cancellò lo scenario del mondo;
sulle case d’ardesia,
sulle folte abetaie,
sul profilo scabroso dei monti,
si diffuse un nebbioso sipario.
Il vapore, sospinto dal vento sull’umido asfalto,
dileguò anche i rami tremanti
di un’ingenua betulla;
i camini fumanti dei tetti vicini…
inghiottiti nel nulla.
Mare opaco, indiviso!
Non so quanto ci avvolse
la cortina, finché non si sciolse.
Ubriaco,
ho goduto il miraggio di luce:
il paesaggio una culla divina,
un anticipo di paradiso.
(2001)
Talora, mentre fa i mestieri,
presta un filo di voce canora
a fantasmi che ignora,
a riposti pensieri.
Quel canto sommesso incatena:
vi urge una pena soave
d’inviti delusi;
desideri racchiusi
in un velo di note.
Così mi chiama,
senza volere,
così mi attende
la mia sirena
persa in faccende.
E se in punta di piedi
la prendo di schiena
e le stringo la vita,
tace addolcita,
mi porge le gote
e tutta si accende.
(2003)
Il sogno del vecchio lupo di mare
Il pugno a puntello della guancia,
rideva beato ai suoi fantasmi,
sul filo di una piccola lancia.
L’occhio stregato, correva, in preda
agli entusiasmi, mano alla barra,
sulla cresta dell’onda, la vela
rotonda nei giorni di tempesta.
Ciondolava ormai la testa, vinta
dal sonno. Fiutava brezze, il nonno,
per caparra: soavi carezze
agli scavi della fronte. Il mento
sul petto, calava in acqua lento
la rete sotto un cielo di rame.
Nuotavano a banchi le sardine
ignare, già ribolliva il mare
di lame argentine, di barbagli
di ghiaccio…
Lo scuoto per un braccio
(schiumava ai fianchi, allegra, la chiglia):
inarca le ciglia, guarda perso
nel vuoto, l’aria interrogativa...
Poi la barca lo riprende al largo:
non c’era verso di trarlo a riva.
(2005-2007)
Rimorso
Cos’avete mai fatto, mie mani,
da tremarne ancora di spavento?
Contro Abele non io violento
vi armai. Ahi che già le querele
sento di Dio e il passo che agghiaccia.
Offesa senza rimedio: pesa
come un sasso, qua dentro, e non tace.
Mi stringerà d’assedio la taccia
d’assassino, in tutto il mondo sempre
mi si darà la caccia, né pace
più avrà Caino.
(1992-2005)
Stazioni
(Dialogo tra un Ferroviere e un Viaggiatore)
«La seconda… è Caravaggio».
«Ferma pure a Casaletto?»
«Si capisce, naturale!»
«Ma Olmeneta non la salta?»
«No di certo, gliel’ho detto:
le fa tutte, è un regionale!»
«Dura troppo, questo viaggio».
«Non s’inganni, appena un’ora!
Potrà leggere, se crede,
le notizie del giornale».
«Per che cosa? Dio ne scampi!
Vanità, mercati, danni,
elezioni, guerre, abusi…
Quante sono le stazioni?»
«Solo dieci».
«In questo caso
meglio spingere lo sguardo
oltre il vetro, alla ventura».
«In effetti, qua il paesaggio
non è male: campi, fossi,
cascinali in lontananza,
serre, pioppi… Ma mi scusi,
a Cremona che va a fare?»
«Eh, sapesse, per acquisti.
Mi hanno offerto un bilocale,
tanto al metro, per cent’anni».
«In che zona, se permette?»
«Fuori mano, assai tranquilla».
«Buona idea… e quanto grande?»
«Di misura è un poco angusto,
ma per me e la mia consorte
(siamo vecchi) basta e avanza.
Poi, del resto, in molto meno
ci diraderà la morte».
«Non c’è fretta, per quel giorno».
«Son d’accordo; ad ogni modo
meglio andarci preparati.
Della vita, Le confesso,
non conosco arte più saggia».
«In vettura, il treno parte».
(2001)
Valmalenco, dopo un giorno di pioggia
Fu questione
di pochissimi istanti:
una nube vanesia, salendo dal fondo,
cancellò lo scenario del mondo;
sulle case d’ardesia,
sulle folte abetaie,
sul profilo scabroso dei monti,
si diffuse un nebbioso sipario.
Il vapore, sospinto dal vento sull’umido asfalto,
dileguò anche i rami tremanti
di un’ingenua betulla;
i camini fumanti dei tetti vicini…
inghiottiti nel nulla.
Mare opaco, indiviso!
Non so quanto ci avvolse
la cortina, finché non si sciolse.
Ubriaco,
ho goduto il miraggio di luce:
il paesaggio una culla divina,
un anticipo di paradiso.
(2001)